Il mondiale di F.1 che si è concluso è stato uno dei più belli degli ultimi anni…
“Direi che ho guardato la F.1 a spizzichi e bocconi. Inizialmente c’è stata un po’ di confusione nel gestire le gomme Pirelli e proprio nella prima parte del campionato abbiamo assistito ad un alternarsi di vincitori strani, che non ci si aspettava. Poi invece la situazione è andata normalizzandosi e le forze in campo hanno cominciato a delinearsi. Ed è in quella fase che è iniziata la rincorsa della Red Bull che ha portato Sebastian Vettel al terzo titolo piloti. È stato un bel mondiale nella lotta in testa e per qualche giovane che si è messo in mostra, anche se non tutti erano all’altezza della situazione”.
A proposito di giovani: chi va promosso?
“In momenti diversi hanno fatto vedere belle cose Sergio Perez e Nico Hulkenberg. Aggiungo anche Paul di Resta, anche se era alla sua seconda stagione di F.1. Lo scozzese non ha fatto male. Queste sono considerazioni che vanno prese con le pinze perché dovremo vedere se saranno in grado di confermarsi. Devo dire che a volte capitavano cose strane: c’erano Gp nei quali abbiamo visto… volare delle macchine negli ultimi quindici giri: per esempio è successo a Sergio Perez a Monza. Oggi per i giovani non è facile: ci sono quattro top team che lasciano agli altri le briciole”.
Il messicano della Sauber, Sergio Perez, dopo aver firmato con la McLaren ha commesso molti errori, patendo la pressione…
“In alcune situazioni ha dimostrato di avere le capacità e la velocità. Bisognerà vedere in futuro se saprà capitalizzare gli errori commessi quest’anno. Scopriremo se avrà una maturazione come ha avuto Vettel o se si perderà come tanti altri…”.
Martin Whitmarsh si è preso un bel rischio a puntare su un giovane portandolo a Woking dopo che la Ferrari lo ha giudicato acerbo?
“Per quello che so io, la McLaren perderà lo sponsor Vodafone e arriveranno a Woking altri finanziatori. La mossa, quindi, si capirà più avanti. C’è sempre il dubbio che serva il pilota veloce, ma che possa anche fare comodo…”.
Perez è supportato da Slim, uno degli uomini più ricchi del mondo…
“Io ho sentito solo delle voci, più avanti diranno i fatti come si è dipanata la questione, ma è sempre più chiaro quanto il marketing abbia il suo peso in F.1. Bastava guardare la griglia di partenza di quest’anno: c’erano piloti che hanno disputato la stagione 2012 per la dote che hanno portato in dote più che per i meriti personali”.
Ti riferisci a Pastor Maldonado e Bruno Senna?
”Non c’è bisogno di fare nomi per capire. Per me anche Kamui Kobayashi non è un fenomeno come lo si dipinge. Come lui ce ne sono tanti…”.
Ha vinto il mondiale Vettel o lo ha perso Alonso?
“L’unico che ha perso è stato Lewis Hamilton: se all’inglese gli rendessimo quei punti che ha perso per i problemi di affidabilità della McLaren e per i pit stop lenti, la stagione andrebbe riscritta. Lewis poteva lottare per il titolo. Riguardo alla sfida Vettel – Alonso la battaglia è arrivata fino in fondo. La Ferrari ha saputo capitalizzare l’inizio della stagione con una vettura che non era certo la migliore del lotto, ma che era la più costante nelle prestazioni. In quella fase Alonso ha capitalizzato dei punti importanti. Poi la Red Bull e Vettel si sono svegliati e non c’è più stata storia perché hanno superato le prestazioni della Ferrari”.
Alonso è stato sfortunato: senza i due incidenti con le Lotus la stagione avrebbe preso un’altra piega?
“Mah, non saprei. Anche Sebastian era in testa a Valencia e poi si è dovuto ritirare per un problema tecnico. Alla fine non andrei a parlare dei due incidenti di Alonso a Spa e Suzuka. Quello di Grosjean non poteva evitarlo, ma quello con Kimi se lo è un po’… cercato. Il fatto è che se si dà a Vettel una macchina competitiva è in grado di metterla in pole e di vincere la gara. Fernando ha le doti per fare altrettanto. Sebastian si è meritato il titolo, come lo avrebbe strameritato Alonso. Ma la Ferrari deve togliersi il cappello e ammettere che la Red Bull è stata migliore, seppur di poco…”.
La Red Bull ha interpretato il regolamento al limite con tante soluzioni che hanno fatto discutere: un’idea veniva vietata dalla FIA e subito ne appariva un’altra sulla RB8.
“La F.1 funziona così: quando un team ha le capacità tecniche per provare una soluzione intelligente che ti permette un importante salto di qualità, devi riuscire a riprodurre quel concetto anche in maniera diversa. Alla Ferrari è mancato proprio l’ingegno. Fino a poco tempo fare era la squadra del Cavallino a imporre gli sviluppi per primi, erano stati loro a inventare i cerchi carenati, i fondi mobili. Ora è il momento della Red Bull. È un dato di fatto e la conferma arriva anche dai numeri. In F.1 se non hai la macchina migliore non puoi pensare di vincere un mondiale. Ti può capitare di centrare un gara per le condizioni anomali, ma non un titolo. È impossibile”.
Se è vero, allora Alonso non è destinato a restare alla Ferrari fino al 2016.
“Beh, dipende. Fernando non ha molte alternative di mercato alla Ferrari…”.
Potrebbe andare alla Red Bull al posto di Vettel se il tedesco dovesse andare a Maranello…
“Certo, ma non ha molte altre carte da giocare, per cui deve stare attento a rompere con la Ferrari. Deve fare delle valutazioni a freddo. È vero che la Red Bull sta vivendo un ciclo migliore da tre anni, ma la Ferrari non è lontana e non è detto che cambiando possa fare meglio, anche perché nel 2014 arriverà il motore turbo e a Maranello sembrano avanti sul tema. Io sono sempre stato un conservativo: una tattica che in F.1 ha sempre pagato. È importante creare un team intorno a te: queste cose Alonso le sa bene, perché ha voluto al Cavallino dei tecnici McLaren”.
Pat Fry, il dt con il quale è spesso in disaccordo, è stato indicato da Alonso?
“Beh, lo sappiamo tutti che ha voluto dei tecnici di Woking. Non credo proprio che sia un segreto. Alonso deve continuare a lavorare con la Ferrari, anche perché la Rossa non è lontana. Fernando ha detto che ce l’ha messa ed è orgoglioso di sé e del team”.
La F2012 è arrivata al limite dello sviluppo troppo presto?
“Purtroppo la macchina è frutto di un concetto. La base della F2012 non era molto competitiva e l’abbiamo visto già nei test invernali. La Ferrari poi ha capito alcune soluzioni degli altri e le ha introdotte sulla Rossa, ma non è detto che il progetto di partenza fosse adatto a recepire le soluzioni della Red Bull. Questa può essere una motivazione, ma ci possono essere tante altre cause: oggi le differenze importanti si ottengono con l’aerodinamica che viene sviluppata durante tutto l’anno”.
La Ferrari ha portato nelle ultime gare soluzioni di ali che non hanno funzionato…
“Ad un certo punto della stagione può capitare che si siano esaurite le idee per evolvere un concetto e la macchina non cresce più. Quello che sorprende di Adrian Newey è che ne ha sempre una pronta nel cappello. Anche se in F.1 ci sono sempre i tentativi di limitare le regole e i costi, non dobbiamo dimenticarci che è la massima espressione della ricerca e dello sviluppo. Chi ha il budget può proseguire lo sviluppo e chi non ce l’ha più è condannato a restare dietro…”.
Nel 2009 quando hai scoperto che la Toyota aveva il doppio diffusore che cosa hai pensato? Nell’inverno sostenevi che sarebbe arrivata l’attesa vittoria entro i primi quattro Gp della stagione…
“Ti ricordi benissimo. Sapevo benissimo a cosa andavo incontro. A noi ci sono mancate delle stupidaggini. Prima di iniziare la stagione sapevo che con la TF109 potevo andare in testa al mondiale nelle prime quattro gare, poi cosa sarebbe successo dopo era impossibile da sapere, ma avevamo tutte le condizioni per puntare in alto”.
Peccato che siano spuntati la Brawn GP e Jenson Button, altrimenti la storia avrebbe preso un’altra piega…
“Nel mese di dicembre eravamo andati a provare da soli in Bahrein. Dopo i primi giri mi fermai ai box e dissi ai tecnici che quella era una macchina vincente, anche se non avevo alcun parametro oggettivo di confronto per valutare la monoposto. Avevamo portato anche la vettura dell’anno prima, ma non avevamo dati significativi di raffronto perché erano cambiate le regole. I giapponesi dovevano decidere se andare avanti in F.1 o fermarsi. Dissi ai giapponesi con grande schiettezza che la macchina era buona e che, anzi, avremmo dovuto girare nei test collettivi con molta benzina a bordo per evitare di mostrare le carte troppo in fretta. Ero consapevole che saremmo stati vincenti. Non nascondo che sono rimasto sorpreso quando ho visto la Brawn GP”.
La ex Honda motorizzata Mercedes è arrivata in ritardo, ma è andata subito più forte di tutti con un doppio fondo uguale al vostro…
“All’inizio pensavo che la Brawn GP stesse girando senza la zavorra. Ci davano tre decimi al giro quando noi eravamo nettamente più veloci di tutti gli altri. Non ci volevo credere: noi avevamo lavorato tutto l’inverno alla messa a punto della macchina nuova, mentre loro sono scesi in pista all’ultimo, senza neanche avere la certezza che avrebbero finito la stagione e sono subito andati più forte di noi!”.
In Australia avrai capito che Jenson Button e Ross Brawn non stavano scherzano…
“È stata una doccia fredda: ero sicuro che nei test stessero girando sotto peso per sparare dei tempi in modo da convincere degli sponsor. Non era così, andavano molto forte…”.
Deve essere stata una bella mazzata, almeno a livello psicologico…
“No, perché credevo nel nostro potenziale, sapevo che poteva arrivare in fretta la prima vittoria che avrebbe dato una grande motivazione alla squadra e alla Casa madre. Contavo molto sulle prime quattro gare: sono salito sul podio, terzo o secondo, ma non sono riuscito a vincere. Il grande rammarico è per il Gp della Malesia: ero secondo quando aveva cominciato a piovere…”.
E cosa era successo?
“Ero dietro a Button: memore dell’esperienza per radio chiamai le gomme intermedie. L’anno prima avevo provato le wet e avevamo capito che non funzionavano. A Sepang dopo un paio di giri si bruciavano perché c’era molta pioggia, ma la temperatura era alta. Era giusto montare le intermedie, ma al muretto non mi hanno ascoltato: mi hanno messo le rain, mentre al mio compagno di squadra, che era ottavo a dodici secondi, decisero di calzare le intermedie. È finita che Timo Glock ha concluso secondo e io sono scivolato al quarto posto! Ero furioso con la squadra!”.
Un’occasione perduta?
“Vogliamo essere più precisi? Una vittoria buttata via! Ero secondo dietro a Jenson che aveva scelto le wet. Se avessero ascoltato la mia chiamata avrei vinto di venti secondi. E sarebbe cambiata la dinamica dell’anno intero. La squadra, capito l’errore, cercava di rassicurarmi via radio, ma io ero molto indispettito. In Bahrein, nel Gp successivo, conclusi terzo dietro a Button e a Vettel che mi aveva passato al pit perché avevamo avuto un problema al motore in partenza. L’inizio della stagione era parso buono in termini assoluti, mentre per me era deficitario perché sapevo che avremmo dovuto capitalizzare dei punti prima di iniziare la stagione europea. Il doppio estrattore lo avrebbero introdotto anche altre squadre…”.
Si disse che il doppio diffusore fosse un “regalo” di Bernie Ecclestone per convincere i vertici Toyota a non lasciare il Circus…
“La verità… vera non la conosco. Io so che il doppio estrattore era un progetto bellissimo che si era portato alla Toyota un ingegnere giapponese che aveva lasciato la Honda perché il team stava chiudendo. L’aspetto curioso è che quell’idea vincente venne montata sulla macchina, ma non è mai stata adeguatamente sviluppata per trarne il massimo potenziale, come invece aveva fatto la Brawn GP”.
Sta di fatto che la Toyota è uscita dalla F.1 senza aver vinto un Gp…
“Ora posso dire che non avevamo un motore all’altezza. Non avevamo la coppia in basso: ad ogni partenza ero condannato a perdere una o due posizioni. Era complicatissimo gestire anche la frizione, insomma era un disastro. Il nostro V8 era il peggiore motore della Formula 1 dopo l’Honda. Dico questo a ragion veduta, perché avevamo i dati alla mano: le prove fonometriche parlavano chiaro. Però nessuno nel team si osava a parlare. Non era casuale il fatto che nella lista delle velocità massime ci fossero quattro Toyota in fondo alla classifica: c’erano sempre le due Toyota e le due Williams. Credo che stessero lì i due o tre decimi che ci separavano dalla Brawn”.
È una rivelazione inedita…
“Dal punto di vista aerodinamico la Toyota era una buona macchina. I problemi stavano altrove, come ho spiegato. A volte, a dire il vero, era inspiegabilmente incostante: in Bahrein partivo in prima fila, mentre nella gara successiva, a Montecarlo, Timo ed io eravamo in fondo alla griglia. Non era possibile un gap così clamoroso. Non siamo mai riusciti a capire da cosa dipendesse”.
Il Jarno Trulli della Lotus (attuale Caterham) è passato per essere un pilota lamentoso che aveva spesso da ridire sul servosterzo…
“Ciascun pilota “sente” la macchina in modo diverso. C’è chi patisce i freni o la regolazione fine del pedale, mentre io ho bisogno di avere un servosterzo che mi dia fiducia. Credo che sia stato il mio pregio e il mio difetto: avevo una grande sensibilità, per cui quando tutto era a posto ero in grado di dare più di altri, ma quando non era di mio gradimento, mi toglieva motivazione. Già nel karting avevo bisogno di un mezzo con i braccetti dello sterzo perfettamente a punto, altrimenti non mi trovavo a mio agio. È una cosa che mi sono portato dietro per tutta la carriera”.
Sono stati ricorrenti i tuoi problemi di servosterzo in carriera…
“E’ vero, è accaduto in Renault, in Toyota e in Caterham. Nei primi due casi avevano risolto il guaio, mentre in Lotus no. Come era iniziata la stagione è anche finita”.
Il progettista Mike Gascoyne ti conosceva bene: perché non ha fatto in modo da metterti a tuo agio nella monoposto?
“Non ho niente da imputare a Mike. In quei team non hanno i soldi per sviluppare la macchina. Resta per tutto l’anno quella che è stata presentata perché non ci sono le risorse. Anche adesso, in un’analisi a freddo, non gli attribuisco troppe colpe: le ultime tre squadre sono nel Circus solo per esserci”.
A Interlagos è successo un episodio che ha indispettito la Marussia: Charles Pic ha perso nel finale la posizione su Vitaly Petrov che ha permesso alla Caterham di conquistare il decimo posto nella classifica Costruttori, un piazzamento che è valso molti milioni di dollari. Il pilota della squadra di Fernandes l’anno prossimo sarà proprio il francese. E sono fioccate le polemiche…
“Non so. Io sono dell’idea che un pilota quando è nell’abitacolo cerca di dare il meglio e non pensa al resto. Francamente non credo che Pic abbia avuto un comportamento scorretto. Sarebbe come se un calciatore avesse venduto una partita di campionato…”.
Bell’esempio, Jarno, come se non fosse mai successo, specie in Italia…
“Non è una bella cosa, bisogna evitarle se si vuole che lo sport resti credibile. La gente non ama essere presa in giro”.
Non hai nostalgia delle corse?
“Onestamente vorrei che ci fosse un progetto serio per tornare a divertirmi e correre in modo professionale. Ho sempre gareggiato ad alto livello a cominciare dal karting, mentre negli ultimi due anni di Formula 1 sono stati scoraggianti. Ho pagato uno scotto ingiustamente. E sulla base di quell’esperienza ho deciso di tornare solo se ne vale la pena. Mi hanno offerto dei soldi per correre la 24 Ore di Le Mans ma ho detto di no. Se non c’è la giusta occasione è meglio lasciare lo spazio ai giovani…”.
Non ti manca l’adrenalina della corsa?
“Pratico altri sport e cerco l’adrenalina in altre discipline. In macchina so che potrei lottare per la vittoria, ma con i tempi che corrono penso sia sempre più difficile, per cui mi ritaglio degli spazi di divertimento in altro modo”.
Per fare un’attività da professionista non ci sono molti campionati…
“Non voglio andare a correre con dei piloti che sono dei gentleman driver e pagano per correre”.
Torniamo alla F.1: Schumacher ha aspettato un anno di troppo per ritirarsi?
“Non lo voglio giudicare, ma penso che abbia fatto bene a fermarsi”.
Ci sono piloti che sanno di aver perso un po’ smalto e usano l’esperienza per sopperire alla velocità e ce ne sono altri che, invece, che si prendono più rischi per cercare di reggere il passo. Michael è parso che rientri nella seconda categoria…
“Non ho strumenti per valutare le scelte personali di Michael, ma è parso evidente che fosse arrivato il momento di dire stop. E non è stato bello, per un sette volte campione del mondo, vedere come gli è stato detto vai a casa da parte della Mercedes”.
Possibile che non abbia capito che non era più nei piani della Stella a tre punte?
“Qui viene fuori il carattere di Michael. Ha sempre avuto questo atteggiamento presuntuoso e arrogante. Sono caratteristiche che lo hanno reso un grande campione. Quello che era un pregio si è trasformato adesso in un difetto. Si è sempre sentito un numero uno e voleva essere ancora trattato come tale, ma credo che guardando i risultati abbia fatto bene a fermarsi”.
E il ritorno di Raikkonen come va giudicato?
“Molto positivo. È stato anche molto fortunato: si è preso un grande rischio accettando di guidare la Lotus, sebbene non avesse niente da perdere. Rientrare con una squadra che non era al top era un’incognita, ma il team è stato fantastico, costante nelle prestazioni e affidabile. Kimi ha sofferto nella prima parte della stagione: anche lui ha patito con il servosterzo. E come vedi non sono stato l’unico a lamentarmi di questo particolare…”.
In qualifica il finlandese non era al top, ma si rifaceva in gara…
“Ti do una spiegazione. Quando non senti il servosterzo, non riesci a trovare la prestazione al limite e paghi in prova, ma in gara con il pieno di carburante molti problemi restano nascosti dal peso. È quando la macchina si alleggerisce che tornano i guai: ecco perché di solito trovavo una macchina diversa dopo il cambio gomme, mentre la Lotus sapeva sfruttare molto bene le gomme proprio nel finale di gara”.
E’ stato giusto dare la squalifica di un Gp a Romain Grosjean?
“Sì, ne aveva combinate troppe. Credo che la Federazione quest’anno abbia avuto un comportamento bilanciato”.
Ti avremmo visto bene come commissario sportivo aggiunto al collegio…
“Non mi hanno mai chiamato, ma avrei fatto anche fatica ad andarci perché ho molte cose da fare. È giusto avere dei piloti in giuria, ma devono essere preparati”.
Che effetto fa sapere che Ferrari e McLaren sviluppano la loro monoposto nella galleria del vento Toyota?
“A Colonia avevamo il meglio che la tecnologia ci offriva: la galleria del vento era eccellente, così come i banchi di prova dinamici. La Toyota ha sempre messo a disposizione dei suoi tecnici e dei piloti il massimo per vincere”.
E allora cosa vi è mancato?
“Adrian Newey!”.
Non avete pagato il Kaizen, vale a dire il sistema di lavoro giapponese grazie al quale ogni aspetto del progetto viene condiviso con tutti quelli che ne fanno parte? Funziona nel prodotto di serie, garantendo una buona qualità, ma non nelle corse di Formula 1 dove il tempo è una risorsa da non sprecare…
“Il metodo Kaizen non era adatto alla Formula 1. I Gp sono l’espressione estrema delle corse. Ora guardando le cose dall’esterno, ma avendole vissute per anni dall’interno, mi rendo conto di quanto sia complicata la Formula 1”.
E cosa hai capito da osservatore?
“Bernie aveva ragione quando diceva che gli ultimi tre team non servono a niente. Io ci rimanevo male quando lo sentivo, ma in realtà in televisione non si vedono mai: è come se non esistessero. Riempiono solo la griglia: sono imbarazzanti”.
E a livello tecnico cosa hai notato?
“La Red Bull non è mai stata la macchina più veloce: ottimizzavano l’uso del motore raggiungendo la velocità massima prima degli altri e sui rettilinei lunghi arrivano prima al limitatore di giri. Nel misto la RB8 era imprendibile, ma diventava vulnerabile nel dritto dove, grazie al KERS e all’ala mobile, poteva subire degli attacchi. Lewis Hamilton ha vinto ad Austin per questo motivo: ha saputo attaccare Vettel, complice un doppiato, in un punto veloce che gli ha permesso il sorpasso. Una rimonta di Sebastian, quindi, ha avuto molto più valore di una di Alonso o Hamilton perché disponeva di una monoposto meno adatta ai sorpassi”.
Alonso alla Renault è stato un tuo rivale diretto…
“Non ho mai avuto invidia nei suoi confronti. L’ho sempre stimato come un avversario molto forte in grado di vincere dei mondiali. Non ho mai cambiato l’opinione su di lui oggi che lotta con caparbietà con la Ferrari, né ieri quando era un mio avversario”.
E della vittoria di Montecarlo con la Renault R24 cosa ti è rimasto nel cuore?
“L’inno italiano sul podio. E non dimenticherò mai il giro di rientro al paddock: in pochi secondi ho rivissuto tutta la carriera come in un film. È stata una sensazione magnifica: ero partito umilmente dal karting ed ero arrivato a vincere in Formula 1 nel Principato. Dentro di me speravo che quello fosse solo l’inizio. Non è stato così…”.
Ora nel paddock non ti si vede più…
“Faccio altro. Mi occupo dell’albergo, dei vini. Non voglio vivere di ricordi, ho ancora molti progetti da realizzare al di fuori delle corse, nel mondo immobiliare, specie all’estero. Nel paddock mi sentirei fuori posto: può essere bello per incontrare gli amici, ma poi non bisogna restare prigionieri di se stessi…”.
A 38 anni Trulli guarda il mondo con altri occhi che non sono più quelli del pilota: è stato al via di 252 Gp, è salito sul podio 11 volte, ha vinto un Gp e ha siglato quattro pole e un giro più veloce in gara. Ha lasciato un segno nel Circus, ma ha voltato pagina. L’arbitro fischia la fine della partita. E Jarno raggiunge i compagni di squadra. Si è meritato una doccia
Fonte: http://www.omnicorse.it
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